Cass- sez. 1 del 23.11.2023 n. 32.527, rel. Iofrida:
<<La terza censura è infondata.
La L. n. 218 del 1995, art. 41, comma 1, stabilisce: “I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66. Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozioni dei minori”.
Il Comune ricorrente ritiene che ostino al riconoscimento in Italia del provvedimento giurisdizionale spagnolo di adozione da parte della A.A. i principi derivanti dalla legge ordinaria, riguardanti i limiti di accesso alla filiazione ed alla costituzione degli status, oltre il divieto di accesso all’adozione legittimante per le coppie omoaffettive, contenuto nella L. n. 76 del 2016, art. 1 comma 20, ancorchè formanti un’unione civile, principi che compongono la nozione di ordine pubblico da applicare come limite ai fini del chiesto riconoscimento.
Orbene, che la sentenza straniera che riconosca l’adozione ottenuta dal partner nella coppia tra persone dello stesso sesso non sia contraria all’ordine pubblico si trae da principi di diritto ancora recentemente affermati da questa Corte.
Le Sezioni Unite, con sentenza n. 38162/2022, hanno, infatti, statuito che, “in tema di riconoscimento delle sentenze straniere, l’ordine pubblico internazionale svolge sia una funzione preclusiva, quale meccanismo di salvaguardia dell’armonia interna dell’ordinamento giuridico statale di fronte all’ingresso di valori incompatibili con i suoi principi ispiratori, sia una funzione positiva, volta a favorire la diffusione dei valori tutelati, in connessione con quelli riconosciuti a livello internazionale e sovranazionale, nell’ambito della quale, il principio del “best interest of the child” concorre a formare l’ordine pubblico che, in tal modo, tende a promuovere l’ingresso di nuove relazioni genitoriali, così mitigando l’aspirazione identitaria connessa al tradizionale modello di filiazione, in nome di un valore uniforme rappresentato dal miglior interesse del bambino” e che “il minore nato all’estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d’intenzione; tale esigenza è garantita attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 44, comma 1, lett. d), che, allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo “status” di figlio e, dall’altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il “partner” del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita”. In motivazione, si è altresì rilevato che, allorchè il progetto procreativo sia seguito dalla concretezza ed attualità dell’accudimento del minore e sia caratterizzato dall’esercizio in via di fatto della responsabilità genitoriale attraverso la cura costante del bambino, la mancata attribuzione di una veste giuridica a tale rapporto non si limiterebbe alla condizione del genitore d’intenzione, che ha scelto un metodo di procreazione che l’ordinamento italiano disapprova, ma finirebbe con il pregiudicare il bambino stesso, il cui diritto al rispetto della vita privata si troverebbe significativamente leso, considerato che “una discriminazione del bambino, fatta derivare dallo stigma verso la decisione dell’adulto di aver fatto ricorso a una tecnica procreativa vietata nel nostro ordinamento, si risolverebbe in una violazione del principio di eguaglianza e di pari dignità sociale, ponendo a carico del nato conseguenze riconducibili unicamente alle scelte di chi ha concepito la sua nascita” e che “il nato non è mai un disvalore e la sua dignità di persona non può essere strumentalizzata allo scopo di conseguire esigenze general- preventive che lo trascendono”. Avuto poi riguardo al limite dell’ordine pubblico, posto dalla L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. g), che svolge una funzione di meccanismo di “salvaguardia dell’armonia interna dell’ordinamento giuridico statale di fronte all’ingresso di valori incompatibili con i suoi principi ispiratori, di argine contro la compromissione dei valori irrinunciabili dell’ordinamento del foro”, vocazione, tuttavia, in parte ridimensionata per effetto della progressiva integrazione tra ordinamenti, realizzata al fine di soddisfare le esigenze di tutela dei diritti fondamentali, le Sezioni Unite hanno evidenziato come “la sentenza straniera deve misurarsi con il portato della Costituzione e di quelle leggi che, come nervature sensibili, fibre dell’apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l’ordinamento costituzionale” e come l’operazione che il giudice deve svolgere “ha ad oggetto, non la coerenza della normazione interna di uno o più istituti con quella estera che ha condotto alla formazione del provvedimento giurisdizionale di cui si chiede il riconoscimento, ma la verifica della compatibilità degli effetti che l’atto produce con i limiti non oltrepassabili”, “costituiti: dai principi fondanti l’autodeterminazione e le scelte relazionali del minore e degli aspiranti genitori; dal principio del preminente interesse del minore, di origine convenzionale ma ampiamente attuato in numerose leggi interne ed in particolare nella recente riforma della filiazione; dal principio di non discriminazione, rivolto sia a non determinare ingiustificate disparità di trattamento nello status filiale dei minori con riferimento in particolare al diritto all’identità ed al diritto di crescere nel nucleo familiare che meglio garantisca un equilibrato sviluppo psico-fisico nonchè relazionale, sia a non limitare la genitorialità esclusivamente sulla base dell’orientamento sessuale della coppia richiedente; dal principio solidaristico che fonda la genitorialità sociale sulla base del quale la legge interna ed il diritto vivente hanno concorso a creare una pluralità di modelli di genitorialità adottiva, unificati dall’obiettivo di conservare la continuità affettiva e relazionale ove già stabilizzatasi nella comunità familiare”.
E con riferimento alla trascrizione di un certificato, sia pure relativo a nascita all’estero, questa Corte (Cass. 23319/2021) ha ribadito che “In materia di stato civile, è legittimamente trascritto in Italia l’atto di nascita formato all’estero, relativo a un minore, figlio di madre intenzionale italiana e di madre biologica straniera, non essendo contrario all’ordine pubblico internazionale il riconoscimento di un rapporto di filiazione in assenza di un legame biologico, quando la madre intenzionale abbia comunque prestato il consenso all’impiego da parte della “partner” di tecniche di procreazione medicalmente assistita, anche se tali tecniche non sono consentite nel nostro ordinamento”.
La novità del caso in esame è rappresentata dalla nascita, in (Omissis), dei due bambini, nati con gravidanza realizzata (in (Omissis)) con la tecnica della procreazione medica assistita, e dal fatto che si chiede il riconoscimento della sentenza straniera di adozione con riferimento a cittadine italiane same-sex che si sono sposate all’estero.
Ma la questione giuridica di contrarietà o meno all’ordine pubblico, quale causa ostativa al riconoscimento degli effetti della sentenza straniera, si porrebbe anche se l’adozione estera avesse riguardato genericamente una coppia non sposata.
Ed essa va risolta alla luce dei principi di diritto già affermati e sopra richiamati>>.